2024 - 10 - Newsletter
Il "mio" missionario
Newsletter 2024-10
Missionario… missione… sono sempre stati termini che, nel mio immaginario, evocavano figure perse nella storia e nei tempi passati. Figure spesso legate allo stereotipo di inizio novecento.
Il “mio” missionario ha sempre avuto una lunga tonaca nera, una Bibbia in mano, uno sguardo autorevole e penetrante; perso in qualche luogo tra Africa, Amazzonia o villaggio del profondo Sud Est Asiatico.
Immaginario costruito forse da film, letture, dalla storia studiata a scuola. Credo un po' tutti, pensando e cercando di immaginare una figura da associare a questi termini, delineiamo e dipingiamo una loro caricatura e ritratto.
Racconti di altri tuttavia! Ecco che “il cortocircuito mentale” inizia laddove finisce l’altrui descrizione e parte il mio viaggio, il tempo trascorso con loro laddove servono. La carta stampata cede il passo ad una narrativa raccontata da un corpo, da un sorriso, da suoni, profumi e colori. Non più il leggere di persone e luoghi, ma l’essere al fianco di quelle persone e vivere proprio in quei luoghi.
Quello che ho notato in loro e che spesso li accomuna, nonostante le speciali differenze che li contraddistinguono, è la compassione per le persone.
Una compassione che li porta a servire, ad amare, ad andare oltre a loro stessi per mettere al primo posto il Suo amore per ogni essere vivente.
Persone che hanno deciso di sradicarsi dalla loro casa, dalla loro famiglia, dalla loro zona di comfort per essere parte di un mondo e di una cultura estranea e spesso estrema.
Essere uno con loro, essere uno in mezzo a loro.
Coraggiosi? Incoscienti? O compassionevoli? Persone che vedono il prossimo così come lo vede Dio.
Credo che essere missionari non sia ruolo per impavidi o incoscienti, ma per uomini e donne che hanno compreso la compassione di Dio per le persone.
Una profonda comprensione del messaggio che porta il Vangelo ed il desiderio di Dio che ogni persona sia in relazione con Lui, che ogni uomo abbia pienezza di vita e di eternità.
Abbracciare questa verità dovrebbe spingere ognuno di noi ad annunciare la Salvezza ad ogni lingua, popolo e nazione.
Quelle “estremità della terra” che tuttavia spesso ci spaventano e non ci fanno fare quel passo di obbedienza.
Ma cosa ci trattiene? Cosa ci blocca? Paura di viaggiare? Di andare in luoghi remoti e nuovi? Non penso la cosa si limiti solo a questo.
Probabilmente uno dei fattori è legato proprio alla percezione che abbiamo della missione; della narrativa raccontata e che costruisce parte del nostro immaginario. Un racconto che descrive il missionario come un invasore mai completamente distaccato dalle crociate o dal colonialismo; come qualcuno che sostituisce una cultura a favore di un’altra più idonea e corretta.
La cultura è varia e sorprendente; sempre speciale nelle sue mille sfaccettature. Qualcosa che vale la pena proteggere ovunque esprima bellezza e verità.
Non limitiamo e circoscriviamo la portata della Salvezza ad una cultura unica ed esclusiva!
Gesù non è venuto a cambiare una cultura; Egli ha sacrificato se stesso per cambiare i cuori, per portare Salvezza e redenzione, per dare un avvenire ed un futuro migliore.
Ecco che allo stesso modo il missionario vissuto, al contrario del letto, non viene per cambiare l’abito tradizionale, il modo di salutare, di mangiare, di vivere. La missione non chiede a chi la riceve di essere meno se stessi, meno della propria cultura.
Il cuore della missione va oltre e sorpassa il bagaglio culturale associato al cristianesimo, al format religioso, alla propria fede, alla propria narrativa per usare parole e storie che siano comprese non solo dai musulmani, dai buddisti o dagli indù, ma anche dalle streghe, dai terroristi e dai tossicodipendenti.
Essere missionari, in conclusione, significa rispondere in obbedienza alla Sua chiamata.
Una chiamata ad andare a servire le persone, ad essere sradicati e dispersi tra le nazioni, ma anche paradossalmente a trovare casa!
La missione sfida la nostra fede, sfida la nostra cultura, sfida le nostre zone di comfort per abbracciare la Sua chiamata, per vivere al centro della Sua volontà.